venerdì 30 dicembre 2011

Traditio sine qua non

Non me ne vogliano i puristi dell'aurea lingua e neanche i giuristi, lo so che la frase latina "condicio sine qua non" letteralmente significa "condizione senza la quale non si può verificare un evento "...
E allora? non trovo modo migliore di parlare della Novena di ieri sera se non come di una "Traditio sine qua non" in effetti cantare per gli amici a a casa xxx (per la privacy) è diventata una lieta tradizione senza la quale la ethno-tournèe natalizia non sarebbe compiuta.

Questa è la quarta volta che cantiamo per loro ed in effetti eravamo un tantinello dubbiosi... vorranno sentire di nuovo le stesse cose? (in effetti abbiamo eseguito repertori natalixìzi diversi ad anni alterni), SI!!!, ci hanno detto, le vogliamo sentire. Così siamo andati.
Tralasciamo la goduriosa gozzoviglia post spettacolo, anch'essa ormai più o meno codificata negli anni con pietanze che spaziano dalla tradizione siciliana per gli adulti alla pizza per i piccini (che letteralmente stiamo vedendo crescere), mi ha commossa l'ascolto sempre più attento ai particolari, ormai capiscono dove sbagliamo e dove sono inserite delle novità. Insomma ormai potremmo definirli amici della novena.
E, cosa non indifferente, la loro consueta generosità ci ha permesso di arrivare ad una adozione a distanza!  

giovedì 29 dicembre 2011

Ritorno in famiglia



Anni fa abbiamo iniziato a cantare la Novena invitati a casa di cari amici che volevano offrire una bella festa di Natale ad amici e parenti....
Da quel giorno abbiamo cantato la Novena dappertutto, case, chiese, ospedali, carceri, condomini e chi più ne ha più ne metta ma cantare per piccoli o grandi gruppi da sempre una grande emozione.

Beh, ieri sera abbiamo replicato.
Serata intima a casa di amici.
Serata di ritrovo tra parenti con mega cena...



Per darvi una piccola idea:
  • 6 tipi diversi di primo tra pasta e riso con salse e intingoli goduriosi
  • insalata russa
  • verdure in pastella
  • caponativa
  • broccoli "affogati"
  • polpettine in agrodolce con patatine fritte
  • gratìn di finocchi in besciamella
  • salame turco
  • simil tiramisù pannosissimo
  • tronchetto di Natale

Quest'ultimo ha segnato l'apoteosi delle papille gustative che cantavano per conto loro canti non propriamente ortodossi... intendiamoci, la padrona di casa ha superato se stessa, tutte le pietanze erano strepitose! ma il dolce finale ha messo il carico da novanta... tanto che mi son fatta dare dall'artefice (figlio liceale della padrona di casa) la ricetta... e non mi accade spesso.
Insomma altra serata da ascrivere al novero gastronomico/canoro, altra serata in cui dar gloria al Dio Bambino col canto e godere della compagnia degli amici.
Oggi tisane.
Stasera si replica...

 


sabato 24 dicembre 2011

Buon Natale!


... di Maria, ca luceva,
eccu nasciri Gesù:
suli splinnenti
ni li manu di l'ancili prisenti.

martedì 20 dicembre 2011

Nuovi zampognari: il centro commerciale

Un centro (non molto) commerciale a 100 km da casa ha voglia di chiamare gente (c'è la crisi), e un personaggione (contitolare di uno dei negozi) ci invita e ci promette un rimborso spese. Estratto dalla conversazione:

E l'amplificazione?
Niente amplificazione.
Un palco? ...ok, allora una pedana? Vabbè, magari un tappeto? Un angolino con le sedie?
No...dovete girare, specie dove c'è poca gente

Decisione sofferta, ma accettiamo. Tantopiù che possiamo volantinare il giornalino che spiega dove vanno a finire i soldi che (lo sappiamo in partenza) NON raccoglieremo tra il pubblico. E (fattore decisivo) la promessa di un dolce del locale bar.

Beh, si arriva dopo un'ora di strada e si allestisce un veicolo a trazione umana come supporto logistico, subito denominato Ethnomobile.

Esso è sponsorizzato dallla newsletter di AVSI e contiene: una fisarmonica, un mandolino, un violino, un leggio, due tamburelli, sette armoniche, un numero imprecisato di fogli e due borsette da donna. Il minimo indispensabile per suonare.






E' dura cominciare in mezzo a poche persone che ti guardano come se fossi un marziano, ma la faccia tosta ha il sopravvento. Ci posizioniamo vicino al banchetto AVSI (quella cosa arancione che nulla ha a che vedere con la spiritualità asiatica) e attacchiamo.

Assistiti dalla fedele Ethnomobile, ci spostiamo in quattro o cinque posti diversi. Le voci si stancano e gli interventi strumentali si fanno sempre più lunghi, ma siamo nel ballo e balliamo. La claque è assicurata dalle due splendide ragazze-immagine al nostro seguito, che nel frattempo sfogliano la newsletter con le signore, chiacchierano con i passanti (di figli, di crisi,  di paesi lontanissimi e poverissimi) e non disdegnano uno sguardo alle vetrine.

A poco a poco riusciamo a far breccia nella patina di svogliato consumismo che difende gli avventori dalle novità. Qualcuno, cercando di non darlo a vedere, si attarda ad ascoltare un ritornello e si sorprende a canticchiarlo. Anche i genitori presenti non tirano via i bambini, che ci guardano con tanto d'occhi, sorpresi dalla musica per una volta non digitale.

Non ci aspettavamo ovazioni di massa, e ci basta aver grattato un po' di vernice.

Gran finale alle casse del supermercato. Dopo tre ore siamo stanchi e si vede, specie quando, oltre a darsi i cambi con la poca voce rimasta, si tratta di improvvisare la sequenza dei brani, ma si arriva fino alla fine.

La persona che ci ha invitato onora puntualmente, come le altre, la decisiva promessa, che appare sotto la sontuosa specie di florilegi appena sfornati di pasta dolce, crema pasticcera e mele. La stanchezza non ci impedisce di aggredirli a quattro palmenti e di metterci a chiacchierare di cucina siciliana.

Che volete farci, l'arte è arte.

lunedì 19 dicembre 2011

E continuiamo dagli orfanelli

Casa, scuola, famiglia, camere da letto, cucina, convivenza, poco riscaldamento.

Non è un trattato di welfare (o di crisi). Sono le suore salesiane di un paese qui vicino. Nella loro casa (che non paga ICI) vivono una ventina di ragazzini e ragazzine, dalle elementari alle superiori, dai trascorsi a me non noti ma sicuramente non allegri, e siamo lì a cantare per loro.

Ci accolgono due madri inox, suor Gina e suor Antonella, che nel frattempo hanno da badare alla festicciola dei bambini dell'asilo (che paga l'ICI) con genitori e maestre.


Sarà perchè sono vestite di grigio, ma mi ricordano, nella loro mitezza, degli attrezzi di acciaio resistentissimo con cui il buon Dio riavvita bulloni spanati e rimette insieme pezzi di meccanismi un po' intaccati e arrugginiti, finchè il motore riprende a girare.

Cantiamo in cucina, col tavolo messo da parte e gli strumenti posati sulla penisola di marmo. Sempre la novena siciliana, ormai cavallo di battaglia.

E stavolta la battaglia è contro la tristezza, la durezza precoce della vita, la solitudine.
Chiamiamo in adunata le strofe dei canti mariani e le lanciamo contro l'abitudine.
Convochiamo d'urgenza il racconto della peregrinazione di Maria e Giuseppe fino alla grotta e lo mandiamo a sgomitare contro la sofferenza, accendiamo il fuoco delle ninne nanne a Gesù bambino (nella nostra novena ce n'è una - rarissima - di S. Giuseppe) e le mandiamo a stanare la tenerezza, a colpi di tamburello e di fisarmonica precettiamo ogni umile oggetto campagnolo in modo che venga offerto in dono dai pastori, e finalmente, fatta atterrare l'aviazione galattica sotto forma di stella cometa, mettiamo in campo tre re saggi e solenni che si inchinano davanti al bambinello e (strofa autentica) gli baciano le mani e i piedini.

Vittoria e fine della battaglia.

Lo Stato Maggiore (che non siamo noi, perchè ci mettiamo solo le voci e qualche nota) si congratula con se stesso (pare siano tre generali che sembrano uno solo) e noi passiamo a brindare con panettone e simil-cola, ambedue non di marca. Nel frattempo chiacchieriamo coi ragazzi come se fossero nostri figli, o fratelli, o alunni.

domenica 18 dicembre 2011

Natale 2011 - Ricominciamo dietro le sbarre


Anche quest’anno alcuni nostri amici, che fanno compagnia ai ‘ristretti’ nella locale Casa Cicondariale, ci hanno chiesto di cantare per i detenuti. Eccoci quindi per la seconda volta nel pochissimo spazio dell’altare della cappella, mentre la ‘sala’ si riempie di ospiti e sorveglianti, a riproporre la novena siciliana.
E' tratta dal vasto repertorio popolare che narra (senza interventi di musicisti o di poeti blasonati) di quello che succede dall’annunciazione all’epifania.

Proviamo i ritornelli col pubblico, riconoscendo nelle facce i sentimenti più vari, che vanno dal ‘vediamo che vogliono questi scemi’ al ‘mah, facciamo sta cosa che almeno si ride’.

Poi parte il racconto, parole e musica di fila e senza interruzioni.
La musica popolare arriva dritta al cuore, i ritornelli sono sempre più partecipati e gli applausi sinceri, come di chi si rende conto, qualunque sia la sua condizione, che fa parte di un popolo.

Alla fine, una guardia viene verso di noi con un ospite che pare teletrasportato dalla pagina di cronaca: “Vuole cantare l’Ave Maria – ci dice – si può fare?”
Panico. Scambio di occhiate interrogative, timore di rovinare ... l'immagine? Al diavolo.
La chitarra fa gli straordinari e improvvisiamo. Scopriamo trattarsi dell’Ave Maria di Schubert con le parole in dialetto napoletano stretto. L’interpretazione è in un caricatissimo stile neomelodico, ricorrono parole come peccato e perdono. Canta ad occhi chiusi e non fa più caso né al microfono, ne alla gente né alla musica.
Canta col cuore, non si accorge degli appalusi.
Sta pregando.

La cappella si svuota e si riempie di nuovo. Seconda replica, ed anche stavolta notevole corredo di cori e battere di mani nei brani ritmati.
Alla fine, rubando il tempo alle guardie che devono ricondurre gli ospiti in tempo per il pranzo, mi si avvicina uno del pubblico: “ Me le scrive le parole di quello che ha detto? Quello senza nusica”. (faccio un po’ da cantastorie oltre che suonare). Mentre armeggio con i fogli con aria interrogativa, mi spiega: “Le parole precise….le devo mettere in una lettera”.



                             

Mai avuto, un pubblico così…..

giovedì 14 luglio 2011

Notte, note e stelle

Si, gli impegni ufficiali si sono diradati. Ma vuol dire soltanto che ogni tanto ci riserviamo il piacere di fare musica per noi stessi. Per esempio la sera dal 12 luglio, compleanno (....anta, cifra tonda) della cantante.
Festa, ovviamente, ma se una cantante festeggia lo fa in musica.
E' stata anche l'occasione per cantare e suonare insieme a diversi amici che, per un motivo o per l'altro, hanno lasciato un po' da parte voce e strumenti...o almeno la faccia tosta di usarli in pubblico.


Ma quando li abbiamo invitati a cantare insieme, sono scattati tutti come se non aspettassero altro. E via con canzoni d'autore, irlandesi, siciliane, di tutto un po'. Qui nella foto siamo sull'accordo finale della siciliana "La pampina di l'aliva" , che abbiamo dedicato alla ....ntenne cantante.



e la pampina di l'aliva

di l'aliva la pampina


veni lu ventu, la cutulia,

la cimiddia, cascari la fa
Ma che c'entra la foglia d'olivo, che qui vale "tutto è destinato a cadere al primo soffio di vento"? E' questo il modo di fare gli auguri?
Beh, la cantante lo sa, specie quando il venticello diventa bufera.
E le stelle?
La ....ntenne cantante ha voluto dedicare a tutti una canzone di Chieffo


La notte che ho visto le stelle

non volevo più dormire,
volevo salire là in alto per vedere…
e per capire.



e quando a ....anta anni si vuole salire per vedere e per capire....non si è vecchi. Auguri!

martedì 24 maggio 2011

Consuntivo parziale

Difficile racchiudere in pochi scatti tutta la bellezza del lavoro fatto a Natale ...

mercoledì 2 febbraio 2011

Non si finisce mai di iniziare


Oggi abbiamo lavorato ad un nuovo elenco di canti, una nuova sfida, note e accordi che vogliono essere cantate e suonati da noi... un paziente lavoro di ricerca pescando nella tradizione siciliana, dai canti d'amore a quelli di lavoro, dai doppi sensi degli innamorati ai richiami potenti dei pescatori nelle tonnare...

Confesso, non sono certo portata per natura a cimentarmi con questo repertorio, preferirei fare altro (in effetti chitarra e voce stiamo lavorando ad alcune ballate irlandesi bellissime e struggenti) ma confrontarsi con ciò che piace ad altri è altrettanto bello e importante che seguire le proprie naturali inclinazioni..

E così stasera abbiamo ripreso, gli inizi non finiscono mai (parafrasando il grande Eduardo), con l'arrivo anche di due nuovi amici che hanno avuto la temerarietà di fidarsi ed hanno accettato il nostro invito a fare assieme questo pezzo di strada... continuando a guardare alla musica come a ciò che custodisce il desiderio di bellezza e felicità che c'è nel nostro cuore.


p.s.

la foto testimonia il lavorìo... lo spray che uso per la gola, la barchetta che ho fatto usando la carta di una caramella, gli occhiali di basso extra, un pezzo di Martha (la chitarra), la nuova scaletta le mani della nuova voce, gadget dei Beatles (anche lì chitarra e voce stiamo lavorando) ... pezzetti di una storia che continua ...


oh, ma c'è spazio....
anche per l'Inghilterra, per l'Irlanda
e per tutto quello che sta oltre lo Stretto...
nei ritagli dei ritagli dei ritagli di tempo.
Basso Extralarge.

venerdì 28 gennaio 2011

Joyce Irish pub

Ma chi lo doveva dire, chi lo doveva.....

Il mai sufficientemente lodato ethnochitarrista prende lezioni di finger picking, e il suo maestro, Paolo Capizzi, lo invita a suonare qualcosa in un 'open mic' presso il pub di cui sopra. Fin qui, onoratissimo l'ethnochitarrista, ma niente di trascendentale. Il problema è la frase che segue l'invito: "portati la cantante col suo microfono e fate qualche pezzo".

Panico e terremoto, specie per la cantante. E che gli facciamo? questi sono abituati a generi che noi non pratichiamo, moderna, jazz melodico, acoustic....tutto tranne musica etnica. E poi due di noi (voce maschile e fisarmonica) non sono disponibili per rispettivi impegni.

Il chitarrista abbozza fiducioso, la cantante cantante entra in paranoia e io la prendo a ridere, specie per la faccenda del microfono. Noi ce li facciamo prestare, e solo per le grandi occasioni.. La punzecchio brutalmente: da una parte c'è l'istinto della primadonna, dall'altra la paura del confronto con un pubblico che si suppone perplesso e poco attento (noi sappiamo cosa significa cantare per gente che sta mangiando la pizza).

Basta. La sera prima decidiamo per Genesis di Jorma Kaukonen, I Wonder, Duermete nino chiquito. Manca qualche pezzo allegro in inglese (fa molto Irish pub), ma non abbiamo il tempo di inventarcelo. Vada per il calypso (The virgin Mary had a baby boy), e sarà quel che sarà.



Così ci presentiamo e ripassiamo qualcosa, in attesa della pizza e della doverosa birra. La faccia della cantante dice tutto.


Resta sempre il problema del pezzo allegro. Alla disperata, la cantante chiama la Ethnofiglia: "eeeeeeh, siamo quiiiiii, se vuoi passareeeeee magari fai qualcosiiiiiiiiiina....."
La ragazza non canta più con noi per impegni di studio, ma è venerdì sera, siamo nel cuore della movida cittadina, la pulzella è in giro col moroso, e soprattutto conosce un sacco di frizzante roba irlandese.

La subdola mossa materna ha effetto immediato. Cinque minuti prima di essere chiamati sul palco, donzelletta (e moroso) sono a rapporto. Viene varato il classico irlandese da taverna, Cockles and mussels, senza provare.

Eccoci sul palco (che in realtà è un oscuro angolino) a proporre Genesis, love ballade di Jorma Kaukonen, in cui l'allievo dà buona prova di sè al maestro



Poi, tra facce a punto interrogativo, I wonder






ed infine la storia di Molly Malone che vende cozze e molluschi e fa innamorare la gente di Dublino. All'impronta, riesco a sviolinare tanto bene che un baldo flautista (scopriremo poi che suona benissimo il flauto traverso) si unisce e improvvisa alla perfezione.






Che dire....Piuttosto che elucubrare, è meglio farsi guidare dalla situazione e prendere il bello che c'è, musica in testa.



E ora chi li tiene più.....

domenica 16 gennaio 2011

E ora?

La stagione natalizia è finita, otto spettacoli, milioni di note, molte cene. Non serve fare bilanci, ma è stato un passo avanti, prima per noi e poi per ciò che abbiamo detto e cantato.
E ora?
Gli altri anni avremmo aspettato l'estate, ma stavolta c'è qualcosa da fare, quindi si continua.
Una preside, che ha ascoltato uno dei nostri spettacoli, ci ha proposto di intervenire in un lavoro che si sta facendo  nella sua scuola, e noi ci siamo venduti la pelle dell'orso prima di averlo catturato.
Non sappiamo come e con che cosa, ma per marzo bisogna essere pronti  con una rassegna di popolari siciliani sull'amore e il lavoro.
Quindi al lavoro, e sotto con libri, raccolte, google.e youtube.
Può anche darsi che l'organico cambi ancora. A noi le cose lineari non piacciono, evidentemente, ma tant'è.

E poi c'è il vecchio progetto della Passione siciliana, copione già pronto, ma tutto da montare.

E poi c'è la vita di tutti i giorni con le sue infinite esigenze.

Bene, lo sapeva anche Jake Blues, che ha coniato la frase che, da sola, sostiene il 50% del lavoro dei dilettanti.
Quando il gioco si fa duro i duri cominciano a giocare




Siamo ancora in  missione per conto di Dio.

sabato 8 gennaio 2011

Otto: l'otto, un terno al lotto. Ma è lotta per l'otto.

Ok, siamo stanchi e si vede.
Ultimo spettacolo della stagione natalizia nella chiesa di Montepalma, dedicata al Beato Dusmet, che è la nostra piazza di elezione per gli spettacoli finali di ogni stagione. Per intenderci quelli in cui tutti sono in grado di seguire i colpi di scena da infarto degli altri.

E stavolta gli infarti (strofe saltate, parti invertite, sostituite, attacchi cambiati, etc etc) erano da mettere in conto più del solito: la cantante (dopo due giorni di voce pericolante) finalmente si decide a prendere il cortisone ad un'ora dall'entrata in scena.

Il sottoscritto viene omaggiato di un formidabile colpo della strega (le amplificazioni pesano) più o meno nello stesso istante. Assunta una massiccia dose di nimesulide fornita da alcuni benefattori presenti, riguadagna la posizione eretta ma perde la voce quasi del tutto. Così la minaccia di sostituire la cantante nelle SUE parti (c'è un apposito atto depositato dal notaio) non potrà avere effetto, anche se era fatta solo per convincerla ad utilizzare la medicina convenzionale, che almeno in questi casi funziona.

Le foto non hanno audio, ma se ci fosse sarebbe irripetibile.

D'altronde il cantante non è messo tanto meglio, reduce da una passeggiata di 40 km sull'Etna necessaria per andare a prendere la fisarmonicista (e quaranta per accompagnarla dopo. Follia.)

Follia è anche aver lasciato da solo chi si è occupato dell'amplificazione, ma la sua generosità è ben nota.

Veniamo raggiunti dal grande (musicalmente) don Alfio Conti, persona a noi molto cara. Quando nel lontano 1975 era il nostro direttore di coro, ci attaccò il virus della musica e della musica popolare.

Gli facciamo vedere la scaletta, in fondo è opera sua.


Basta, si entra. Tra un battesimo e una messa non c'è stato modo di provare i microfoni, e il pubblico è già seduto (bah, i sacramenti hanno la precedenza sui microfoni). La prova consiste in un pre-bis di qualche brano siciliano movimentato, con tutte le voci e tutti gli strumenti.

Con le corde vocali la lotta continua, quindi si va a braccio. Appena uno sente che la voce dell'altro sta per cedere, interviene, sostiene, raddoppia, inventa, in modo che nulla sia come è scritto.



Chiamiamo sul palco don Alfio. E' un rischio, perchè non l'avevamo concordato e lui è la persona più schiva della terra. Ma viene e proclama candidamente "Se c'è un popolo che vive e che canta, la tradizione non è perduta".
Così cominciamo e portiamo a temine l'impresa. I malanni vocali giocano inspiegabilmente a nosto favore, ci costringono a badare all'essenziale.


Ciò che i toscani del medioevo, i siciliani, i sardi, i campani, i latinoamericani, gli americani (Eliot compreso) hanno scritto e cantato sull'annuciazione, la nascita, i pastori e l'epifania, tutto ciò arriva al pubblico.
Il popolo ascolta e canta, ed è generoso nelle donazioni per AVSI.

Grazie di cuore a tutti.

p.s.
aggiungo la consueta postilla...
devo dire che non ci credevo, fosse stato per me non ce l'avrei fatta...ero a terra e avevo provato di tutto, ero arrivata mezza ciucca e terrorizzata... a dirla tutta, mi ero preparata pure una piccola fiaschettina di rosolio alla cannella (dimenticata poi a casa)...
quando ho visto bassoextra gemente ho pensato che mi stesse prendendo in giro!
insomma per dirla coi fratelli Blues "eravamo in missione per conto di Dio" e senza Lui non avremmo potuto far nulla.
ethnomara

giovedì 6 gennaio 2011

Sei (e sette): càrzari ca si fattu cruci cruci

Novena per i detenuti del carcere (il titolo è da un canto di carcerati dell'800).

Una casa circondariale, per l'esattezza, caratterizzata dal solito sovraffollamento e dal forte turnover dei detenuti, per lo più in attesa di giudizio. Due spettacoli (per motivi di numero dei partecipanti) nell'unico luogo comune di tutto l'edificio, cioè la cappella.
E niente foto per ora (devono essere approvate, la dirigenza ce ne farà avere qualcuna).
Lunghe formalità già da ottobre (l'ingresso anche per motivi umanitari deve essere disposto dal giudice, che indaga sui nominativi previsti), riconoscimento all'ingresso e esame di ogni singolo strumento.
Anche la fisarmonica, che aveva destato qualche problema, passa senza dover essere smontata.
Ci accoglie il vicedirettore, un tipo quadrato ma umano, mentre i residenti entrano a gruppi (è un altro mondo, niente assembramenti) e ci spiega un po'.
Forse era meglio non sapere che oltre ai ladri e ai rapinatori abituali ci sono uomini e donne che hano ucciso mogli, figli, amanti e varie combinazioni di questi, ma inutile nascondersi dietro il dito.
Noi siamo lì (stavolta niente raccolta di fondi per AVSI) su invito di alcuni amici che collaborano col cappellano per la messa della domenica, e proponiamo la novena siciliana.
Si insegnano i ritornelli, in un palpabile disagio dei detenuti a coinvolgersi con qualcosa di palesemente estraneo. Ma la diffidenza si supera e abbiamo un coro di 90 persone pronte a dare manforte a svegliare i pastori: "surgi pasturi, nun dormiri cchiù, n'o vidi ch'è natu u bamminu Gesù" (alzati pastore, non dormire più, non vedi che è nato il bambino Gesù".
Tiriamo quaranta minuti di fila, in un silenzio che meraviglia le guardie, e poi gli applausi, tra i più veri mai ricevuti. Mi sa che non sono rivolti a noi, ma a quello che abbiamo raccontato. Meglio.

Esce il primo gruppo ed entra il secondo. Altre guardie, come le prime attentissime ma senza nessuna forzatura. C'è rispetto, da ambo i lati.

Si replica. Stessi applausi. Ce li prendiamo e li giriamo immediatamente al soggettista, autore, sceneggiatore e interprete della storia che abbiamo raccontato, che di sicuro li apprezza.

Al momento delle ninne nanne, l'apice della tenerezza tra mamma e figlio, una signora in prima fila piange senza nemmeno asciugarsi gli occhi, non applaude, guarda un punto che non c'è.
Qualcuno conosce in profondità tutta la storia che c'è dietro quelle lacrime, e sicuramente se ne ricorderà.

p.s.
una nota faceta, se mi è concesso...
al termine della mattinata, il Comandante ci ha fatto un dono graditissimo, una copia cadauno del loro calendario ossìa "Un anno con la Polizia Penitenziaria" ... non era messo nel conto e mi ha commossa...
questo pomeriggio stavo facendo i biscotti e avevo sotto gli occhi il dono, mi son augurata di NON passare un anno con la polizia penitenziaria e nemmeno un giorno eheheheheh
lo so, sono matta, ma il comandante è un gentiluomo e mi perdonerà...
ethnomara
p.p.s.
come si vede ho cambiato nick...

mercoledì 5 gennaio 2011

Cinque, o: "speravo meglio, ma temevo peggio"




Serata conviviale in un locale della città.


Si arriva alle 19, si monta tutto in poco più di un'oretta.


Cominciano ad arrivare gli invitati, qualcuno è un amico di vecchia data anche se è un bel pezzo che non ci si vede.


Saluti e abbracci, con un celato nervosismo.

Infatti gli organizzatori hanno stabilito di iniziare con la parte conviviale, aperitivo, pizza, dolce: "Alle dieci e mezzo finiamo, così cominciate e alle undici e mezzo ci salutiamo".

Bene (si fa per dire). Sorseggiamo lo spumantino e, mentre gli invitati si accomodano ai tavoli, ci ritiriamo in un salottino dal look vagamente postribolare per rivedere la scaletta a seconda della sensazione 'a pelle' che il pubblico ci ispira.
Almeno questa è la scusa ufficiale della cantante, che si mette al lavoro. Tempo ce n'è. Intanto, favorito da strane prospettive, cerco la beatitudine e rifinisco l'accordatura dei fidi strumenti.


Abbiamo lo scatto facile.
Nel frattempo, c'è chi si dedica alla lettura e chi da libero sfogo a ricordi di infanzia su eccentriche poltroncine


Il tempo passa. I camerieri, nostri alleati, ci portano qualche bevanda.Vorrebbero portarci anche le pizze, ma non si può cantare bene con la pancia piena.
Il tempo passa e nutriamo seri dubbi sul rispetto degli orari. A un certo punto ci dicono con un po' di affanno di entrare, come se il ritardo dipendesse da noi. Stanno servendo il dolce.
Capita l'antifona, saltiamo le presentazioni e mentre i cucchiaini attaccano il tiramisù partiamo con una rutilante 'Santa Allegrezza' e un vivace 'Nino lindo'


Inaugurata la stagione del piano-bar etnico, arriva il momento dei canti che richiedono maggiore ascolto.
Evidentemente una buona metà della sala privilegia la parte conviviale della serata (come dargli torto?) e si ritiene disturbata da questi quattro (cinque) fessacchiotti che insistono nel cantare e suonare, e per di più di un argomento da sfigati come l'incarnazione.
Ciò impedisce infatti la soluzione a tavolino dei problemi della politica italiana, delle maggiori squadre di calcio e, in una parola, dei mali del pianeta.
Pazienza.
Si beccano un rimprovero adeguatamente microfonato e noi, approfittando del silenzioso contraccolpo, riusciamo a fare le cose che richiedono più attenzione.

Ogni scaletta non ha più senso. Continuiamo tagliando qua e là e concludiamo con 'Go tell it on the mountain', Anche i salvatori del pianeta cantano il ritornello. Tutti i salmi finiscono in gloria.

La gente si defila, gli amici si stringono attorno a noi che smontiamo. Vengo criticato per aver fatto un rimprovero troppo soft, ma basta, è andata. L'importante è che qualche parola e qualche nota sia arrivata.

Il gestore vuole omaggiarci della cena saltata e prepara un tavolo, cercando il pizzaiolo. Questo povero ragazzo, incappottato e col casco in mano (è l'una meno venti) sta precisamente varcando la porta del locale per andar via, e sono casualmente lì mentre viene richiamato per fare le cinque pizze. Vedo la sua faccia.

Io: Ma no, non importa, vada pure, è tardi per tutti
Lui: No, che c'entra. Riaccendo subito. Avete suonato, è stato difficile.

Grazie.

L'ultima foto è davanti al locale. Viene coniato il titolo del post.




p.s.
Essendomi ripresa da poco per carenza di sonno... aggiungo che la cosa veramente notevole è che abbiamo finito tutto alle due di notte ! la foto che ci vede sotto l'insegna è stata scattata da un cameriere ultragentile e ultrastanco proprio alle due, eppure noi siamo lieti e sorridenti, non per merito di chissà quale aiuto alcolico ma proprio per la gioia di aver vissuto assieme una serata vera, all'insegna dell'amicizia e della gratuità, e scusate se è poco!
merins (alias c.a t.i.)

domenica 2 gennaio 2011

Quattro

Parrocchia di San Massimiliano Kolbe, alla periferia della città.

In programma la Novena siciliana, con il gradito ritorno di Chiarasoprano in qualità di guest star, ma solo per la novena.

Ma, al solito, quando il pubblico ci prende gusto poi si continua con i canti da tutto il mondo. Il chitarrista si scatena, complice anche un microfono degno di questo nome


La Novena è tutta in dialetto siciliano. Anche stavolta gli spettatori più anziani sembravano fare un viaggio con la macchina del tempo, mentre i bambini, ai brani in poesia tra una strofa cantata e l'altra, si chiedono "ma cosa dice? mamma, che lingua è?"
Però erano i primi a rispondere ai ritornelli. Magari avranno tempo di imparare il dialetto, ma almeno sanno che c'è e che col dialetto si arriva dritto dritto al cuore dell'uomo.

Alla prossima....