venerdì 28 gennaio 2011

Joyce Irish pub

Ma chi lo doveva dire, chi lo doveva.....

Il mai sufficientemente lodato ethnochitarrista prende lezioni di finger picking, e il suo maestro, Paolo Capizzi, lo invita a suonare qualcosa in un 'open mic' presso il pub di cui sopra. Fin qui, onoratissimo l'ethnochitarrista, ma niente di trascendentale. Il problema è la frase che segue l'invito: "portati la cantante col suo microfono e fate qualche pezzo".

Panico e terremoto, specie per la cantante. E che gli facciamo? questi sono abituati a generi che noi non pratichiamo, moderna, jazz melodico, acoustic....tutto tranne musica etnica. E poi due di noi (voce maschile e fisarmonica) non sono disponibili per rispettivi impegni.

Il chitarrista abbozza fiducioso, la cantante cantante entra in paranoia e io la prendo a ridere, specie per la faccenda del microfono. Noi ce li facciamo prestare, e solo per le grandi occasioni.. La punzecchio brutalmente: da una parte c'è l'istinto della primadonna, dall'altra la paura del confronto con un pubblico che si suppone perplesso e poco attento (noi sappiamo cosa significa cantare per gente che sta mangiando la pizza).

Basta. La sera prima decidiamo per Genesis di Jorma Kaukonen, I Wonder, Duermete nino chiquito. Manca qualche pezzo allegro in inglese (fa molto Irish pub), ma non abbiamo il tempo di inventarcelo. Vada per il calypso (The virgin Mary had a baby boy), e sarà quel che sarà.



Così ci presentiamo e ripassiamo qualcosa, in attesa della pizza e della doverosa birra. La faccia della cantante dice tutto.


Resta sempre il problema del pezzo allegro. Alla disperata, la cantante chiama la Ethnofiglia: "eeeeeeh, siamo quiiiiii, se vuoi passareeeeee magari fai qualcosiiiiiiiiiina....."
La ragazza non canta più con noi per impegni di studio, ma è venerdì sera, siamo nel cuore della movida cittadina, la pulzella è in giro col moroso, e soprattutto conosce un sacco di frizzante roba irlandese.

La subdola mossa materna ha effetto immediato. Cinque minuti prima di essere chiamati sul palco, donzelletta (e moroso) sono a rapporto. Viene varato il classico irlandese da taverna, Cockles and mussels, senza provare.

Eccoci sul palco (che in realtà è un oscuro angolino) a proporre Genesis, love ballade di Jorma Kaukonen, in cui l'allievo dà buona prova di sè al maestro



Poi, tra facce a punto interrogativo, I wonder






ed infine la storia di Molly Malone che vende cozze e molluschi e fa innamorare la gente di Dublino. All'impronta, riesco a sviolinare tanto bene che un baldo flautista (scopriremo poi che suona benissimo il flauto traverso) si unisce e improvvisa alla perfezione.






Che dire....Piuttosto che elucubrare, è meglio farsi guidare dalla situazione e prendere il bello che c'è, musica in testa.



E ora chi li tiene più.....

1 commento:

Pupanna ha detto...

ed ora chi vi tiene più!!