venerdì 30 dicembre 2011

Traditio sine qua non

Non me ne vogliano i puristi dell'aurea lingua e neanche i giuristi, lo so che la frase latina "condicio sine qua non" letteralmente significa "condizione senza la quale non si può verificare un evento "...
E allora? non trovo modo migliore di parlare della Novena di ieri sera se non come di una "Traditio sine qua non" in effetti cantare per gli amici a a casa xxx (per la privacy) è diventata una lieta tradizione senza la quale la ethno-tournèe natalizia non sarebbe compiuta.

Questa è la quarta volta che cantiamo per loro ed in effetti eravamo un tantinello dubbiosi... vorranno sentire di nuovo le stesse cose? (in effetti abbiamo eseguito repertori natalixìzi diversi ad anni alterni), SI!!!, ci hanno detto, le vogliamo sentire. Così siamo andati.
Tralasciamo la goduriosa gozzoviglia post spettacolo, anch'essa ormai più o meno codificata negli anni con pietanze che spaziano dalla tradizione siciliana per gli adulti alla pizza per i piccini (che letteralmente stiamo vedendo crescere), mi ha commossa l'ascolto sempre più attento ai particolari, ormai capiscono dove sbagliamo e dove sono inserite delle novità. Insomma ormai potremmo definirli amici della novena.
E, cosa non indifferente, la loro consueta generosità ci ha permesso di arrivare ad una adozione a distanza!  

giovedì 29 dicembre 2011

Ritorno in famiglia



Anni fa abbiamo iniziato a cantare la Novena invitati a casa di cari amici che volevano offrire una bella festa di Natale ad amici e parenti....
Da quel giorno abbiamo cantato la Novena dappertutto, case, chiese, ospedali, carceri, condomini e chi più ne ha più ne metta ma cantare per piccoli o grandi gruppi da sempre una grande emozione.

Beh, ieri sera abbiamo replicato.
Serata intima a casa di amici.
Serata di ritrovo tra parenti con mega cena...



Per darvi una piccola idea:
  • 6 tipi diversi di primo tra pasta e riso con salse e intingoli goduriosi
  • insalata russa
  • verdure in pastella
  • caponativa
  • broccoli "affogati"
  • polpettine in agrodolce con patatine fritte
  • gratìn di finocchi in besciamella
  • salame turco
  • simil tiramisù pannosissimo
  • tronchetto di Natale

Quest'ultimo ha segnato l'apoteosi delle papille gustative che cantavano per conto loro canti non propriamente ortodossi... intendiamoci, la padrona di casa ha superato se stessa, tutte le pietanze erano strepitose! ma il dolce finale ha messo il carico da novanta... tanto che mi son fatta dare dall'artefice (figlio liceale della padrona di casa) la ricetta... e non mi accade spesso.
Insomma altra serata da ascrivere al novero gastronomico/canoro, altra serata in cui dar gloria al Dio Bambino col canto e godere della compagnia degli amici.
Oggi tisane.
Stasera si replica...

 


sabato 24 dicembre 2011

Buon Natale!


... di Maria, ca luceva,
eccu nasciri Gesù:
suli splinnenti
ni li manu di l'ancili prisenti.

martedì 20 dicembre 2011

Nuovi zampognari: il centro commerciale

Un centro (non molto) commerciale a 100 km da casa ha voglia di chiamare gente (c'è la crisi), e un personaggione (contitolare di uno dei negozi) ci invita e ci promette un rimborso spese. Estratto dalla conversazione:

E l'amplificazione?
Niente amplificazione.
Un palco? ...ok, allora una pedana? Vabbè, magari un tappeto? Un angolino con le sedie?
No...dovete girare, specie dove c'è poca gente

Decisione sofferta, ma accettiamo. Tantopiù che possiamo volantinare il giornalino che spiega dove vanno a finire i soldi che (lo sappiamo in partenza) NON raccoglieremo tra il pubblico. E (fattore decisivo) la promessa di un dolce del locale bar.

Beh, si arriva dopo un'ora di strada e si allestisce un veicolo a trazione umana come supporto logistico, subito denominato Ethnomobile.

Esso è sponsorizzato dallla newsletter di AVSI e contiene: una fisarmonica, un mandolino, un violino, un leggio, due tamburelli, sette armoniche, un numero imprecisato di fogli e due borsette da donna. Il minimo indispensabile per suonare.






E' dura cominciare in mezzo a poche persone che ti guardano come se fossi un marziano, ma la faccia tosta ha il sopravvento. Ci posizioniamo vicino al banchetto AVSI (quella cosa arancione che nulla ha a che vedere con la spiritualità asiatica) e attacchiamo.

Assistiti dalla fedele Ethnomobile, ci spostiamo in quattro o cinque posti diversi. Le voci si stancano e gli interventi strumentali si fanno sempre più lunghi, ma siamo nel ballo e balliamo. La claque è assicurata dalle due splendide ragazze-immagine al nostro seguito, che nel frattempo sfogliano la newsletter con le signore, chiacchierano con i passanti (di figli, di crisi,  di paesi lontanissimi e poverissimi) e non disdegnano uno sguardo alle vetrine.

A poco a poco riusciamo a far breccia nella patina di svogliato consumismo che difende gli avventori dalle novità. Qualcuno, cercando di non darlo a vedere, si attarda ad ascoltare un ritornello e si sorprende a canticchiarlo. Anche i genitori presenti non tirano via i bambini, che ci guardano con tanto d'occhi, sorpresi dalla musica per una volta non digitale.

Non ci aspettavamo ovazioni di massa, e ci basta aver grattato un po' di vernice.

Gran finale alle casse del supermercato. Dopo tre ore siamo stanchi e si vede, specie quando, oltre a darsi i cambi con la poca voce rimasta, si tratta di improvvisare la sequenza dei brani, ma si arriva fino alla fine.

La persona che ci ha invitato onora puntualmente, come le altre, la decisiva promessa, che appare sotto la sontuosa specie di florilegi appena sfornati di pasta dolce, crema pasticcera e mele. La stanchezza non ci impedisce di aggredirli a quattro palmenti e di metterci a chiacchierare di cucina siciliana.

Che volete farci, l'arte è arte.

lunedì 19 dicembre 2011

E continuiamo dagli orfanelli

Casa, scuola, famiglia, camere da letto, cucina, convivenza, poco riscaldamento.

Non è un trattato di welfare (o di crisi). Sono le suore salesiane di un paese qui vicino. Nella loro casa (che non paga ICI) vivono una ventina di ragazzini e ragazzine, dalle elementari alle superiori, dai trascorsi a me non noti ma sicuramente non allegri, e siamo lì a cantare per loro.

Ci accolgono due madri inox, suor Gina e suor Antonella, che nel frattempo hanno da badare alla festicciola dei bambini dell'asilo (che paga l'ICI) con genitori e maestre.


Sarà perchè sono vestite di grigio, ma mi ricordano, nella loro mitezza, degli attrezzi di acciaio resistentissimo con cui il buon Dio riavvita bulloni spanati e rimette insieme pezzi di meccanismi un po' intaccati e arrugginiti, finchè il motore riprende a girare.

Cantiamo in cucina, col tavolo messo da parte e gli strumenti posati sulla penisola di marmo. Sempre la novena siciliana, ormai cavallo di battaglia.

E stavolta la battaglia è contro la tristezza, la durezza precoce della vita, la solitudine.
Chiamiamo in adunata le strofe dei canti mariani e le lanciamo contro l'abitudine.
Convochiamo d'urgenza il racconto della peregrinazione di Maria e Giuseppe fino alla grotta e lo mandiamo a sgomitare contro la sofferenza, accendiamo il fuoco delle ninne nanne a Gesù bambino (nella nostra novena ce n'è una - rarissima - di S. Giuseppe) e le mandiamo a stanare la tenerezza, a colpi di tamburello e di fisarmonica precettiamo ogni umile oggetto campagnolo in modo che venga offerto in dono dai pastori, e finalmente, fatta atterrare l'aviazione galattica sotto forma di stella cometa, mettiamo in campo tre re saggi e solenni che si inchinano davanti al bambinello e (strofa autentica) gli baciano le mani e i piedini.

Vittoria e fine della battaglia.

Lo Stato Maggiore (che non siamo noi, perchè ci mettiamo solo le voci e qualche nota) si congratula con se stesso (pare siano tre generali che sembrano uno solo) e noi passiamo a brindare con panettone e simil-cola, ambedue non di marca. Nel frattempo chiacchieriamo coi ragazzi come se fossero nostri figli, o fratelli, o alunni.

domenica 18 dicembre 2011

Natale 2011 - Ricominciamo dietro le sbarre


Anche quest’anno alcuni nostri amici, che fanno compagnia ai ‘ristretti’ nella locale Casa Cicondariale, ci hanno chiesto di cantare per i detenuti. Eccoci quindi per la seconda volta nel pochissimo spazio dell’altare della cappella, mentre la ‘sala’ si riempie di ospiti e sorveglianti, a riproporre la novena siciliana.
E' tratta dal vasto repertorio popolare che narra (senza interventi di musicisti o di poeti blasonati) di quello che succede dall’annunciazione all’epifania.

Proviamo i ritornelli col pubblico, riconoscendo nelle facce i sentimenti più vari, che vanno dal ‘vediamo che vogliono questi scemi’ al ‘mah, facciamo sta cosa che almeno si ride’.

Poi parte il racconto, parole e musica di fila e senza interruzioni.
La musica popolare arriva dritta al cuore, i ritornelli sono sempre più partecipati e gli applausi sinceri, come di chi si rende conto, qualunque sia la sua condizione, che fa parte di un popolo.

Alla fine, una guardia viene verso di noi con un ospite che pare teletrasportato dalla pagina di cronaca: “Vuole cantare l’Ave Maria – ci dice – si può fare?”
Panico. Scambio di occhiate interrogative, timore di rovinare ... l'immagine? Al diavolo.
La chitarra fa gli straordinari e improvvisiamo. Scopriamo trattarsi dell’Ave Maria di Schubert con le parole in dialetto napoletano stretto. L’interpretazione è in un caricatissimo stile neomelodico, ricorrono parole come peccato e perdono. Canta ad occhi chiusi e non fa più caso né al microfono, ne alla gente né alla musica.
Canta col cuore, non si accorge degli appalusi.
Sta pregando.

La cappella si svuota e si riempie di nuovo. Seconda replica, ed anche stavolta notevole corredo di cori e battere di mani nei brani ritmati.
Alla fine, rubando il tempo alle guardie che devono ricondurre gli ospiti in tempo per il pranzo, mi si avvicina uno del pubblico: “ Me le scrive le parole di quello che ha detto? Quello senza nusica”. (faccio un po’ da cantastorie oltre che suonare). Mentre armeggio con i fogli con aria interrogativa, mi spiega: “Le parole precise….le devo mettere in una lettera”.



                             

Mai avuto, un pubblico così…..