giovedì 6 gennaio 2011

Sei (e sette): càrzari ca si fattu cruci cruci

Novena per i detenuti del carcere (il titolo è da un canto di carcerati dell'800).

Una casa circondariale, per l'esattezza, caratterizzata dal solito sovraffollamento e dal forte turnover dei detenuti, per lo più in attesa di giudizio. Due spettacoli (per motivi di numero dei partecipanti) nell'unico luogo comune di tutto l'edificio, cioè la cappella.
E niente foto per ora (devono essere approvate, la dirigenza ce ne farà avere qualcuna).
Lunghe formalità già da ottobre (l'ingresso anche per motivi umanitari deve essere disposto dal giudice, che indaga sui nominativi previsti), riconoscimento all'ingresso e esame di ogni singolo strumento.
Anche la fisarmonica, che aveva destato qualche problema, passa senza dover essere smontata.
Ci accoglie il vicedirettore, un tipo quadrato ma umano, mentre i residenti entrano a gruppi (è un altro mondo, niente assembramenti) e ci spiega un po'.
Forse era meglio non sapere che oltre ai ladri e ai rapinatori abituali ci sono uomini e donne che hano ucciso mogli, figli, amanti e varie combinazioni di questi, ma inutile nascondersi dietro il dito.
Noi siamo lì (stavolta niente raccolta di fondi per AVSI) su invito di alcuni amici che collaborano col cappellano per la messa della domenica, e proponiamo la novena siciliana.
Si insegnano i ritornelli, in un palpabile disagio dei detenuti a coinvolgersi con qualcosa di palesemente estraneo. Ma la diffidenza si supera e abbiamo un coro di 90 persone pronte a dare manforte a svegliare i pastori: "surgi pasturi, nun dormiri cchiù, n'o vidi ch'è natu u bamminu Gesù" (alzati pastore, non dormire più, non vedi che è nato il bambino Gesù".
Tiriamo quaranta minuti di fila, in un silenzio che meraviglia le guardie, e poi gli applausi, tra i più veri mai ricevuti. Mi sa che non sono rivolti a noi, ma a quello che abbiamo raccontato. Meglio.

Esce il primo gruppo ed entra il secondo. Altre guardie, come le prime attentissime ma senza nessuna forzatura. C'è rispetto, da ambo i lati.

Si replica. Stessi applausi. Ce li prendiamo e li giriamo immediatamente al soggettista, autore, sceneggiatore e interprete della storia che abbiamo raccontato, che di sicuro li apprezza.

Al momento delle ninne nanne, l'apice della tenerezza tra mamma e figlio, una signora in prima fila piange senza nemmeno asciugarsi gli occhi, non applaude, guarda un punto che non c'è.
Qualcuno conosce in profondità tutta la storia che c'è dietro quelle lacrime, e sicuramente se ne ricorderà.

p.s.
una nota faceta, se mi è concesso...
al termine della mattinata, il Comandante ci ha fatto un dono graditissimo, una copia cadauno del loro calendario ossìa "Un anno con la Polizia Penitenziaria" ... non era messo nel conto e mi ha commossa...
questo pomeriggio stavo facendo i biscotti e avevo sotto gli occhi il dono, mi son augurata di NON passare un anno con la polizia penitenziaria e nemmeno un giorno eheheheheh
lo so, sono matta, ma il comandante è un gentiluomo e mi perdonerà...
ethnomara
p.p.s.
come si vede ho cambiato nick...

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